Nonostante tutta la ricerca più moderna della glottodidattica e delle neuroscienze nell’apprendimento delle lingue abbia completamente rivoluzionato la didattica degli ultimi decenni, ci sono ancora molti insegnanti e molti studenti che pensano che una lingua si impari partendo dallo studio della grammatica.
Infatti, il vecchio metodo grammaticale/traduttivo/deduttivo ripreso pari pari dall’insegnamento tradizionale delle lingue morte: latino e greco, e utilizzato senza alcuna consapevolezza né efficacia nell’insegnamento delle lingue moderne, parte dall’insegnamento di regole grammaticali e dalla traduzione di un testo scritto per arrivare alla successiva verifica dell’apprendimento attraverso noiosissimi esercizi che spesso sono al di fuori di qualunque situazione reale di uso o di comunicazione.
Ecco quindi i miei 5 suggerimenti per insegnare la grammatica italiana in modo efficace:
1) Assecondare lo studente insicuro che vive la grammatica come la coperta di Linus!
Come ho già accennato, molti studenti pensano ancora che l’apprendimento della lingua cominci dallo studio della grammatica. Noi sappiamo che non è così, ma dobbiamo aiutare lo studente a seguirci su una strada che a lui risulterà del tutto nuova e disorientante.
La grammatica dà sicurezza, il valore delle regole e delle liste di vocaboli imparate a memoria danno la sensazione di possedere dentro di noi quella lingua così nuova e così diversa ma ancora tutta da imparare.
Ricordate quando, prima di fare un esame il pacco degli appunti o delle fotocopie da studiare ben sistemati sul tavolo ci dava l’impressione di avere già fatto metà del lavoro? Beh, non è così, e lo sappiamo bene! Tuttavia, dobbiamo cercare di andare incontro a quegli studenti che si aggrappano alla grammatica come alla coperta di Linus!
Come fare? Avviare una lezione utilizzando un video, una conversazione o un ascolto, assicurando al nostro studente che, dopo, avrà modo di leggere e verificare le regole di ciò che ha imparato.
2) Coinvolgere lo studente in un’attività di tipo comunicativo che stimoli i suoi interessi e gli faccia venire voglia di parlare dimenticando le regole. Ovviamente per arrivare a questo risultato, lo studente deve sentirsi a suo agio e sicuro che qualunque cosa dirà, giusta o sbagliata, sarà accettata dall’insegnante.
Il lavoro è a monte: fin dal primo momento in cui facciamo conoscenza con il nostro studente, cerchiamo di capire le sue motivazioni e i suoi interessi e mettiamoci al suo servizio. Lo studente deve sempre essere la parte attiva durante la lezione, da lui nasce la curiosità, lui è chiamato a mettersi in gioco, ad analizzare, a valutare. Lo studente deve essere chiamato a sviluppare lo spirito di osservazione che gli permette di comprendere gli ingranaggi che fanno girare la lingua che ha deciso di imparare.
3) Trovare una via di mezzo tra i metodi glottodidattici del passato e quelli del presente. Il metodo tradizionale deduttivo, enfatizza il valore dello scritto e delle regole grammaticali, ignorando il valore della lingua parlata. A volte però si è esasperato il metodo comunicativo, spingendo lo studente a parlare, ignorando quasi del tutto le regole grammaticali e il rapporto tra parlato e scritto. Qual è quindi la giusta via di mezzo? La risposta è la “riflessione sulla lingua”.
4) La riflessione sulla lingua. Come avviene? Lo studente deve essere stimolato dal docente ad avventurarsi nell’elaborare delle ipotesi sulla lingua che sta apprendendo. L’insegnante deve essere “solo” la guida che porta lo studente, attraverso l’ipotesi sul funzionamento della lingua a cui segue la verifica dell’ipotesi, alla fissazione e al reimpiego di ciò che ha imparato. Il processo aiuterà lo studente a una presa di coscienza pratica sul come si “costruisce” una frase in italiano.
5) Come fare in pratica? Il mio metodo, soprattutto con gli studenti che sono stati abituati a partire dalla grammatica nell’apprendimento di una lingua straniera e che si sentono più sicuri con un approccio più tradizionale, è quello di utilizzare un libro di testo. Il libro di testo dà sicurezza. Lo studente sa di avere in mano (o anche on line) un qualcosa che resta, su cui può lavorare, con l’aiuto del suo insegnante, seguendo un percorso già strutturato.
Comincerei quindi con l’ascolto di un dialogo presente sul libro, per esempio, che può poi essere completato dalla lettura del dialogo stesso in cui mancano le parole o le frasi oggetto dello studio di quella lezione, che lo studente deve “immaginare” (attività di “cloze” o di completamento di frasi).
Per esempio, se sto lavorando sulla differenza tra l’uso del passato prossimo e dell’imperfetto, sarà lo studente a dover cercare di capire in quale situazione sarà più corretto l’uso di un tempo piuttosto che di un altro e a sforzarsi di capire e di spiegare il perché.
Allo stesso modo, sarà sempre lo studente a cercare di intuire come si forma il passato prossimo, perché ci sono forme diverse al femminile o al maschile e così via. In questo modo, l’apprendimento sarà memorizzato molto più efficacemente che con una lunga spiegazione esclusivamente grammaticale.
Buon lavoro!
Elena Stramezzi - Insegnante professionista
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